mercoledì 31 dicembre 2008

Mare all'asciutto

Acque dolci. Ci passa qualcuno di tanto in tanto. Un uomo in biciletta porta le buste della spesa, parla al cellulare, guarda verso di me che sto affacciata alla finestra. Una donna sola anche lei ha il passo lento e lo sguardo lungo. Non mi piace avere pensieri da fine dell'anno. Né da inizio. Perché poi annegano dentro una bottiglia di vino qualunque e se esageri s'ingolfano dentro un malditesta. Mi piace però che il mare si sia fermato anche lui davanti alla finestra. Almeno oggi non fa storie, non parla, non ha nulla da dire. Sembra un anticipo delle secche di gennaio, che ci sono, le ho viste mille volte. C'è un nome preciso per questo stato delle cose, sopratutto parlo dello stato del mare. Io lo so, ma per ora non lo dico, perché è un nome del dialetto dei pescatori di una certa età e prima voglio parlare con uno di loro per sapere esattamente cosa intende quando usa quell'espressione. Un giovane è appena riemerso sulla strada. Ha la muta e un fucile. Ha il cofano dell'auto sollevato e guarda anche lui verso la finestra dentro la sua livrea di muzzaro umano e con lo sguardo di un pesce qualunque. Dovevo pensare qualcosa di nuovo ma non mi viene nulla. E non penso nemmeno a qualcosa di vecchio. Ogni volta che il mare è così fermo non mi viene proprio niente in testa. Mi sembra solo che sarebbe carino fermare il resto e tenerlo così, sospeso di niente, asciutta anche l'acqua.

domenica 28 dicembre 2008

Se il mondo resta solo (sta bene)


Se la mia città spifferava di vento a 40 nodi e il mare superava gli scogli inventati da un ex sindaco, 40 chilometri più in là Alghero era ferma e argentata. Due giorni fa gli alberi erano tutti addobbati di regali e luci nelle case degli altri. Mamma e io ce ne andavamo a fotografare fichi d'india già vestiti a festa da sé. E poi c'erano gatti natali e mare e nessun altro.
Il 24 sera la città era vuota, o si riempiva solo nelle sale dei cenoni fatti di noci, pandori e parenti. E io camminavo sul lungomare e stavo dentro un ritaglio inanimato di spiaggia, e non c'era altro a parte i miei cani che cagavano e me che raccoglievo con paletta.
A starci dentro, le cose che sembrano vuote perché il mondo è impegnato altrove mi ricordano sempre una puntata di Ai confini della realtà, quando l'uomo che amava i libri sopra ogni cosa ma non aveva né tempo né spazio per leggerli rimase d'improvviso l'unico abitante del mondo. Si ritrovò in una piazza in cui c'erano libri ovunque, e ovunque, e ovunque. E lui avrebbe potuto passare tutto il resto della sua vita a leggere, ma inciampò e perse gli occhiali che si ruppero. Così capì che avrebbe passato il resto di quella sua vita circondato da libri, ma condannato a non poterne leggere nemmeno uno.
Mano male che c'è ancora modo di incontrare qualcuno perché altrimenti a chi avrei potuto comunicare la bellezza di passeggiare in un mondo che ogni tanto ha il buongusto di restare da solo?

mercoledì 24 dicembre 2008

Il cerchio dell'Onitron e suoi paradossi


A Natale c'è chi corre a fare gli ultimi (o gli unici) due o tre regalini e c'è chi se ne sta chiuso a bordo, dentro la piccola dinette con la prua che avanza lenta verso l'occhio del ciclone, sopra la testa il Madagascar e davanti agli occhi l'oceano Indiano.
A Natale c'è chi si ritrova sul muretto di casa una bolletta della luce da pagare entro due giorni e c'è chi da due giorni non vede altro che foschia e anche se accende una lampadina non cambia nulla, quindi tanto vale lasciare tutto così com'è e l'Enel lasciarla a quel paese.
A Natale ci sono quelli che sperano di vedere sbarcare sul balcone di casa un paio di renne con santaclaus che porta i doni anche se non te li meriti, ma ci sono anche quelli che sperano tanto nella discrezione delle balene, le quali passando in branco sotto lo scafo della tua bagnarola sarebbe meglio non si concedessero in alcuna piroetta natalizia con colpo di coda finale.
In pratica c'è chi festeggia Natale e chi sta facendo sostanzialemente altro. Per esempio Piero e Vittorio Fresi a bordo del loro 10 metri, in navigazione da 109 giorni, sono entrati nell'oceano Indiano e attendono il vento. Collegati col satellitare sabato scorso babbo e figlio hanno fatto gli auguri al centinaio di amici riuniti per l'occasione al Cormorano di Porto Torres. Hanno, per adesso due ore di fuso in avanti, ma corrono verso l'Australia e aggiungono miglia di distanza fra il nostro Natale e il loro tempo.
Da oltre tre mesi non vedono terra, la loro casa è su una zolla iodata di sale e di acqua. Anche se si dice in culo alla balena penso che quando il branco di mammiferi gli è passato sotto la barca il culo l'hanno stretto loro.
Comunque mi sono informata dopo aver visto una foto in cui Piero s'ingozza con una forchettata di spaghetti grande quanto tutto Cape Town. Antonio l'altro figlio che li segue da terra assicura che la cambusa gioisce di pastasciutta. Qualche superalcolico lo hanno portato per combattere il freddo, qualche spumantino per brindare ai passaggi di capo e alla soluzione di situazioni complicate.
Due caratteri forti dice Antonio. A terra si scornano a volte sulle piccole cose. In barca ci penserà il mare a scornarli entrambi mettendoli in riga rispetto alla rotta, altrimenti detta vita.
Mi piace l'idea di pensare a qualcuno in mezzo agli oceani. è come avere il dono dell'ubiquità. In estate i Fresi li ritroveremo al pontile del Cormorano dopo un cerchio disegnato sull'acqua intorno al mondo. Se come diceva Aristotele accettiamo che il tempo sia diviso in istanti constateremo il paradosso che l'Onitron Autoprestige sia sempre stata ferma e contemporaneamente in ogni luogo di questo largo cerchio.
Buonvento!

martedì 16 dicembre 2008

Tautologie utili


Appena entrata in commissione urbanistica del comune di Sassari, Luca, un collega che non vedevo da svariati mesi, ha sgranato gli occhi e mi ha detto: "non mi pare si parli di petrolchimica qui.."

Fratello, le petroliere e i loro derivati sono sempre intorno a noi. Anche questo arcobaleno sa che è così. Anche la lacca sui capelli del consigliere Desole lo sa (consigliere, se mai dovesse leggere questo post, la prego non si arrabbi, sono rimasta affascinata dalla sua acconciatura da quando la incontrai senza conoscerla e senza che lei mi notasse, in piazza Università). Lo sa anche il cellulare che il vicesindaco Meloni ha lanciato improvvisamente sul pavimento perchè squillava troppo. Lo sa la tua penna, lo sanno le lunghe ciglia della ragazzina che si strusciava sulla colonna del governo provvisorio, lo sa lo spazzolone dei nostri cessi, e pure le pastiglie che si prendono quando si tappano i gangli intestinali. I miei gangli stanno bene grazie, ma ieri volevo fare una porta giapponese con fogli di plastica e il mattonellaio di fiducia mi ha detto che quel materiale si chiama politene. Il che mi ha ricordato altre vicende.
E poi sono io la tautologica.

domenica 14 dicembre 2008

Usini in barca



Stamattina la sveglia è stata quella di un bonorvese che chiamava per sapere che tempo c'era a Porto Torres. Io non potevo saperlo perchè dalle tapparelle abbassate della mia stanza anche il più ganzo dei lupi di mare non avrebbe potuto saperlo. Ma siccome mi avevano detto che oggi avrebbe soffiato un vento a 35 nodi, dal mio cuscino ero pronta a rispondere che il tempo era brutto e che quindi non potevamo fare la lezione in barca. Per scrupolo però mi sono allungata in ciabatte fino al salone e porca miseria c'era pure il sole. Quindi ho ribattuto il bollettino meteo al bonorvese e ci siamo dati appuntamento al pontile per l'ora dopo. Intanto c'avevo il raggiro di intestini del vino di Ajò a Ippuntare che pure ne ho bevuto pochissimo, ma si vede che non ci sono più abituata.
Al bar Sardegna di Usini, questo paesino di vigneti e cantine generosi, ci sono finita due volte in una sera, per caso e perchè la cantina numero sedici alle undici di notte non ci poteva più far entrare. Un giovinazzo con la chitarra a tracolla e gli occhi fulminati di vino e premura, sull'uscio non si dava pace per noi e si scusava senza sosta: "ma cazzo babbo non vuole... non fa, non fa davvero, ma perchè non siete venuti prima? cazzo adesso non posso proprio farvi entrare, magari fatevi un giro, qualche altra cantina la trovate, perchè io non posso..". Ci stava tanto commuovendo che per gentilezza siamo rimasti ad ascoltarlo per circa un quarto d'ora. La prima tappa per scaldare gli aliti già l'avevamo fatta al bar Sardegna, anche se il barista non era tanto convinto di versare del vino a me che sarei pure una ragazza.
Comunque, ancora prima di trovare il giovane simpatico e scioccato della sedici, stavamo cercando la cantina tredici, chè c'erano Daniela e gli altri già da qualche ora, ma non avevamo una cartina del paese e andavamo a zonzo, di portone in portone a cercarli. Due ragazze scendevano verso le macchine: "scusate avete una cartina?" nel senso della mappa, e una delle due non meno premurosa del giovinazzo: "mi dispiace davvero, non ce l'ho". " E sai dov'è la cantina tredici?" e quella "no, ma so dove sono la 5, la 8, la 11, la 2 e la 16". Le aveva fatte tutte, ma senza che nulla si fosse ingarbugliato del sorriso. Tiriamo dritti. Lungo il marciapiede l'eco di un coro spuntava da una finestrella ad altezza di scarpa. E nel coro emergeva un tenore noto. Era Claudione. Quindi forse avevamo trovato la cantina 13. Ecco che ci offrono ospitalità. Claudione però era troppo intento a cantare e non ci ha cagato e poi quella non era la cantina 13. Usciamo convinti che, in fondo, al bar Sardegna non si stava male. Il barista non faceva più discriminazioni. Daniela e gli altri erano già lì. Un flicorno suonava auguri di compleanno, una tuba ammaccata lo seguiva. Un petardo è scoppiato sotto un tavolino. Qualcuno ha attaccato un cazziatone a chi l'aveva fatto scoppiare. Più avanti il ragazzo scioccato della sedici si stava esibendo con Rino Gaetano alla chitarra davanti alla vetrina di un altro bar. Io pensavo di non avere problemi per l'indomani con la previsione dei 35 nodi di vento. Poi il vento non è arrivato e io ho portato un pò di Usini in barca. Il mare è rimasto piatto e se avessi avuto i pattini sarei andata a schettinare. Il bonorvese ha fatto bene gli ormeggi. Abbiamo evitato di salire sopra il molo con tutto lo scafo. Domani è lunedì ma questa domenica è frivola e inconsistente. Chissà se il sorriso della ragazza delle cantine è rimasto li. Chissà se Claudione sta ancora cantando sotto il marciapiede. Oggi a parte la barca non s'è mosso nulla.

giovedì 11 dicembre 2008

Il saluto del tornello

Non scrivevo più in questi giorni perchè ci sono fatiche di altri generi che possono arrivare a mettere il silenziatore su ogni tipo di composizione. E un pò anche perchè cercavo un riscontro e dei commenti alle storie lanciate dentro questo slideshow qui sotto, che m'ha consumato una domenica. Ci saranno tempi migliori per tutti. Anche se non so bene come. Oggi ridevo con l'amico che ha fra le mani una lettera di cassa integrazione e per Natale sta a posto. Ridevo con lui non per cinismo, ma perchè a volte quando niente ce lo richiede è più facile offrire al lato triste delle cose una sfaccettatura grottesca, scovarvi un destino burlone. Situazione grottodrastica proponevo io prima di accorgerci che c'è già una parola che va benissimo ed è tragicomica. E ridevamo mentre mi raccontava che la sua ultima notte in stabilimento non è in realtà mai finita. Pare infatti che il mio amico sia ancora là dentro. Alle sei del mattino, terminato il turno, aveva già raccolto tutte le sue cose e stava passando fra i tornelli per tornarsene a casa, e mentre infilava il cartellino dentro la macchinetta come ha fatto per anni, un suono drastico e inconfondibile per quanto mai sentito prima di allora, stava ribadendo un concetto che però, li per li, poteva pure essere evitato, tanto era pleonastico. Il rumore aspro, non quello tondo, regolare del "lei ha terminato anche per oggi le sue otto ore di fenolo, può andare", gli stava risputando indietro il bel tesserino con acidità e la scritta "disabilitato". O forse scaduto, o forse inutile, consumato, esaurito, finito, caput. Alle sei del mattino era infatti già l'alba del primo giorno di cassa integrazione. Le lettere non hanno fatto in tempo ad arrivare a tutti i 350 dipendenti, tanto che qualcuno quel giorno s'era presentato pure con la speranza che forse di lui s'erano dimenticati, che l'avessero per errore saltato dalla conta, salvo poi essere rispedito indietro dopo pochi minuti. Ma il tornello del mio amico, puntuale, alle sei del mattino, non aveva avuto dubbi sull'inservibilità di quell'operaio, la cui operosità è targhetta alquanto obsoleta oramai. Nemmeno il suono dell'"arrivederci, lei ha fatto un buon mestiere per noi", nemmeno il suono della confidenza, di anni di impiego e timbrature. Come se, appunto, quelle ultime otto ore non fossero mai state portate a termine, il segnale sonoro stava solo maleducatamente a suggerire il gong per un nuovo incontro, non la fine di un giorno di lavoro, non l'incontro col letto di casa finalmente dopo ore di turno, non l'ingresso nella civiltà fuori dall'impianto. Ma l'incontro con un nuovo avversario che non sai mai quant'è più scaltro di te e che si chiama "niente lavoro per voi".
Esci e non c'è una società che ti cullerà la fuori, nè avrà tempo per consolarti. Se c'è una società migliore che ti aspetta è quella nata indipendentemente da tanta politica e da tanta economia. S'è fatta bella da sola. Ed è il motivo per cui l'amico ed io ridiamo e lo facciamo spesso e lo facciamo con altri. La nostra società interiore, quella di cui parlava Seneca, ce l'abbiamo, proviamo a coltivarla, ne abbiamo un'idea e proviamo a realizzarla. Ma che sia una società diffusa, istituzionale, collettiva per davvero, questo sembra ormai troppo sperarlo.

domenica 7 dicembre 2008

4 dicembre 2008, Eni chiude il petrolchimico, Porto Torres manifesta



Sei minuti per un ricordo che credo da queste parti manterremo a lungo.
Collegate le casse audio al pc, cliccate sulla foto e buonavisione.
Su portotorres.net altre interessanti immagini della manifestazione di giovedì scattate da Bainzu.

mercoledì 3 dicembre 2008

Di Emilio, Feisbuc, Proteste e altre questioni

Da una settimana penso che devo segnarmi su un foglietto quello che succede domani 4 dicembre perchè sono tante cose e tutte diverse. Adesso ho già la certezza di averne dimenticata qualcuna, ma provo a fare un elenco di quel che resta nella ram del cervello.
Innanzitutto domani è il compleanno di babbo che ha messo piede su questa terra in questa data nell'anno 1946. Siccome di recente ho fatto delle ricerche e ho scoperto che avevo un bisnonno di nome Emilio nato a Lucca nel 1874 e morto lo stesso anno in cui è nato babbo, domani ricorderò anche uno sconosciutissimo e pure parentissimo Emilio.
Visto che siamo nell'ordine dei compleanni sappiate che domani è anche il compleanno del piccolo Matteo, un bimbetto simpatico che viveva dalle mie parti e che ora ha cambiato casa.
In tema di traslochi domani sarà anche il giorno di una casa tutta per me. Alla faccia di Virginia Woolf, non una stanza ma un intero appartamento. Al problema dei costi non ci sto ancora pensando. E non intendo cominciare adesso. Però ho già pensato a dove mettere la scrivania, il divano e a dove prendere la legna per il fantastico, signori e signori, caminetto. Che però so già che non tira e allora dovrò fare qualche modifica. E vabbè.
Ma domani non sarò semplicemente l'unica coinquilina di me stessa. Domani diventerò anche famosa. Tutti vedranno la mia chantosa fotina che uso su Feisbuc e le stratosferiche parole che ho usato per descrivere questo social network. Un'opinioncina così che però è finita sull'instant book di Nova-IlSole24ore. Per leggerla dovrete spendere 4,90 euro o attendere che io riesca a postare la cosa sul blog, ma non sarà per oggi, ve lo dico. Quindi andate in edicola damani e chiedete Il Sole e Nova!
Molto più famosi di me sono e saranno Gunter Fracassi, Francesca Biondo e la piccola Sofia che domani a Roma sono fra i premiati del concorso letterario nazionale "Circe una donna tante culture".
Domani poi c'è un tormentone recente: parte alle 9.30 dall'ingresso di Porto Torres (altezza Grendy)la manifestazione contro la chiusura del Petrolchimico di Porto Torres cui prenderò parte per ragioni cronistiche (e non anacronistiche). E pure per dire a Soru che sarà presente lui pure: "ebè sul più bello te ne vai?". Per l'antefatto bypasserò l'autoreferenzialità (concedetemi solo la segnalazione di Alghero.Tv) e vi rimando agli articoli dei quotidiani locali di questi giorni.
Detto questo e scusandomi con Prada per non aver pubblicizzato il Prada day previsto pur ello per domani (manco lo linko o dovrei metterci la faccia di un cinese che confeziona borse dietro una finta parete di un magazzino di una qualunque periferia toscana), il resto dell'elenco sulle cose da fare è ormai scomparso nella moltitudine del nulla. Se mi viene in mente qualcos'altro può essere che vi avviso. saluti cordialissimi

lunedì 1 dicembre 2008

Eon okkupata

Nella sala controllo dell'Eon mancava solo mister Spock, per il resto non c'erano dubbi che fossimo sull'Enterprise e che il nostro fosse un viaggio alle prese con l'ignoto.
Anche perchè se si aspettavano davvero una telefonata dal presidente del consiglio dei ministri, non so, forse sarebbe stata più facile la materializzazione di un Borg o un accordo di pace coi Klingon. Ma l'astronave dei sindacati confederali e territoriali di tutte le categorie occupando la centrale energivora più grande della Sardegna ha comunque raggiunto un obbiettivo: richiamare l'attenzione su una questione di cui adesso basta non scrivo più. vabbè a parte le prossime volte. Perchè che il petrolchimico di Porto Torres sia un luogo controverso, fatto di insanguinamenti di mari e terreni e che rappresenti quell'alternativa forse sbagliata ma ormai irreversibile, nessuno può negarlo. Epperò si sa che è anche pane per 3000 persone. Seppure pane truccato. Seppure pane su cui si ricatta un voto. Ma non diciamolo. Diciamo soltanto che oggi i sindacati hanno colpito un simbolo del potere, il luogo in cui si genera la luce che ho sul comodino e il frullare della mia lavatrice. Hanno superato i cancelli e si sono insediati nel cuore della centrale, dentro la postazione elettronica che appunto sembrava la nave di Star Trek. E da là hanno detto "Noi non vogliamo che il petrolchimico chiuda. Noi vogliamo parlare con Palazzo Chigi. Perchè Roma si deve accorgere di noi. Perchè Roma ci ha spesso dimenticato".
Ho mangiato due mele e bevuto caffè. Ho chiacchierato e fatto foto (e le vedrete). Da Palazzo Chigi non s'è fatto sentire nessuno, ma che importa. Si sapeva. Non s'è fatto sentire nessuno nemmeno per ripulire il territorio dalle scorie di schifo e industria che m'hanno tolto un ricordo che non ho mai avuto, nè io nè i miei coetanei. Un ricordo che poteva essere visione reale di mare splendente e di palazzi della Roma imperiale. Ma questa Roma, quella di oggi, non dice nulla. Non dice che vorrebbe bonificare. Non dice nemmeno che vuole salvare le buste paga di tanta gente che conosco. e che non conosco.
Questa Roma non conosce nessuno.
E quest'industria non ci ha salvato il ricordo. Chissà se almeno si salva lei.