venerdì 11 febbraio 2011

In sintesi


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martedì 25 gennaio 2011

Cos'è Saint Maarten?




















24 gen, ore1

Tuffo. Acqua verde, fondo invisibile. Ho una spina conficcata nel fianco. Mentre pulisco il fianco del Two Moons. La spugnetta è consumata. Il nero viene via lento. Quanto tempo fa è sfumato l’oceano? Dove abbiamo messo le balene improvvise al giardinetto?
Fin dove ho potuto ho navigato.

25 gen, ore3
Bianco brillante. L’acquamarina, sul bordo turchese dell’orizzonte e gli alberi maestri.
La luce vivida degli oggetti. La vista schiarita. Dovrei restare. Dovrei andare. Ma ci sono nubi vaporose sullo skyline. Il sole fermo, caldo, coccola le ossa.
L’acqua, dentro. Finalmente.
Respiro, benedizione.
Il mare salato e dolce che avevo dimenticato.
Lo ritrovo sul finale.

Che sarà domani a quest’ora Saint Maarten? Che sarà l’acquamarina? e il sole dolce?

La fine dei Caraibi è su quella pista. Lunga liscia, sopra la spiaggia.
La spina nel fianco è questa.
Ci sono troppi aerei che partono. Decollano in continuazione.
E non li vedo mai atterrare.

martedì 18 gennaio 2011

Un attimo ancora

Al bancone del baretto del Lagoonis Marina è già scoppiato l'happy hour. Ed è già finito. Gli aerei a quest'ora hanno smesso di decollare sopra le nostre teste. Andiamo a Marigot dove le cose sono tutte in francese. Il mio aereo non è ancora nato. Ma quando dalla pista di lancio succederà che il comandante avrà annunciato l'imminenza, cosa ne sarà stato di tutte le miglia marine percorse fin qui? Di tutto il tempo trascorso nei porti? Delle attese, degli ormeggi, del vento forte, delle nde insidiose, delle decine di facce incontrate lungo il cammino e nei piccoli bar trovati durante le pause.
Niente ci tiene più vincolati alla terra della fine di un viaggio.
Qui suonano raggae, chiunque si affacci lungo questo bancone chiede una President, la birra del posto. Ma Elisabetta, profilo di padre egiziano e mamma toscana, è già pronta per portarci a mangiare una pizza dall'altra parte dell'isola. Il Two Moons riposa solo poco più in là nella baia.
Tutto preme per andare. Basta avere un attimo di pazienza.
E niente sarà perso.

sabato 15 gennaio 2011

Le coste di casa mia

Non so se sia una questione di privilegio, di fortuna, di determinata ricerca del sogno, fattostà che nei giorni scorsi, per un tempo che mi è parso infinito, ho avuto modo di vivere in mezzo all'oceano più vasto. Qualcosa che non avevo mai visto e che nemmeno l'immaginazione aveva mai potuto anticiparmi.
Credevo e speravo che non sarebbe finito più. Tanto blu. Il plancton s'illuminava la notte. L'urlo stridulo di qualcosa mi avvisava, ad un certo punto, di una presenza insolita, mentre ero sola sul pozzetto del Two Moons, nella mia guardia. Poi la testa di una balena spuntava gigante a non più di cinque metri da me.
Era strano incontrare qualcosa nell'acqua. Qualunque cosa galleggiasse, o si trovasse nei dintorni, tanto era rara -  un foglio di plastica, un pezzo di legno, il volo di un uccello - lo guardavi a lungo scorrere oltre lo scafo, finchè la vista non si perdeva. Intanto potevo chiedermi: cosa è? da dove viene? a chi è appartenuto questo pezzo di niente galleggiante prima di arrivare qui? Da quale lido è partito?
Stavo dentro un pezzo del nostro piccolo mondo, inabitato e limpido. Un luogo dove nessuno può avere casa, non essendo balena. E che pure fa parte di questo pianeta.
Ho il rimpianto di sapere che non c'è sapienza di questo bene infinito. Perchè il senso dell'infinito è solo l'illusione che nasce dal nostro essere minuscoli.
Adesso, sotto un caldo torrido, torno al mondo occupato e scopro.
Casa mia, devastata dall'insulto delle petroliere.
Voglio gridare. Voglio che pianga il vento.
E' come se tutto l'oceano fosse collassato dentro una fossa nera. Come muoiono lentamente le coste davanti alla mia veranda, invase di olio combustibile, o quelle della Florida, così morirà l'oceano infinito. E improvvisamente vedremo che non c'era niente di infinito, eccetto per la nostra terribile stupidità.