sabato 5 settembre 2009

Anatolia appena

Torno al mare adesso, quello vero, ma nel cuore dell'Anatolia camminavo su acqua e terra di sale, vasta come un nuovo deserto di neve bruciante sulle caviglie, silenzioso e mite come un mare che non esiste.
Tuz Golu l'abbiamo trovato dopo cento chai e infiniti sorrisi. Anime disperse tra mattoni di fango, donne con gonne e pantaloni e turban avvolgenti e zappe alle mani. Uomini in ramazan fumano sigarette nascoste dentro locali per backgammon. Deserto di donne a Eskil. Ultimo porto prima del grande lago bianco. Pregano, ci dicono. Ma il loro ramazan dura un anno intero.
Amaia ha chiesto che fanno tutte quelle donne sedute coi bambini e le giovani all'ombra del caravanserraglio di Sultanhani. Salutano i figli militari che scompariranno per quindici mesi. E così io capisco l'assenza di un sorriso nell'immagine imprigionata dal mio obiettivo. Scatto foto e quelle riempiono una pagina del mio taccuino coi loro indirizzi di casa perché io non dimentichi di inviare questo ricordo di partenza.
I ragazzi vanno e salutano dove un tempo era il riposo del cammello. Almanak è dove l'animale stanco da nove ore di cammino appoggia le zampe e si conforta. Ogni quaranta chilometri i sultani selgiuchidi vollero un caravanserraglio, con moschea e ristoro gratuito per i viaggiatori sulla via della seta. Oggi i bus si portano via i ragazzi della campagna perchè diventino difensori di una patria.
L'aria si fa solitaria in breve.
Alla sera osserviamo nel freddo e sotto gocce di pioggia, i dervisci di Konya rotanti e persi nel turbine, ma il centro è in equilibrio. Il corpo vorticoso non si perde nella tangente.
Amaia ha gli occhi silenziosi. Un uomo accanto vestito di un nero elegante risponde alle preghiere sacre e forse ha un figlio fra i ruotanti. Lo abita l'aria nobile di chi ha un motivo per essere fiero.
I cappelli delle fate mi colgono perché il paesaggio prima è una pianura secca. La Cappadocia è un nuovo immobile turbine di comignoli in tufo sui quali si affaccia il nostro guardare. Eravamo aride e ora siamo fatte di punte rocciose, con finestrelle e porte e altari sacri appesi e infilati nella pietra.
Riposo nell'ultima chiesa d'inchiostro rosso. Un disegno di mille anni fa mi guarda mentre siedo sola con in tasca le chiavi dei monaci antichi.
Una giovane donna mi viene a cercare. Ma stavo solo scrivendo, immobile nel regno delle cose che non ci sono più e che la mia immaginazione così limitata non riesce a scorgere.
Sono seduta nel punto esatto in cui il mio guardare s'è fermato.
E' così impossibile il passato?

Un bus mi ha sequestrato per diciassette ore.
Marmaris è il quartiere solito al quale tornare perché un pezzo di viaggio è finito. Amaia è a est. Frederic ci sarà a breve. Domingo e Nuria a passare una febbre violenta fra i cocuzzoli di Goreme.
La puzza di gasolio mi riporta in barca.
Marea. Cosa fai? Mezzaluna, gatta nera, è tornata anche se la luna è piena?

2 commenti:

  1. E noi qui poveri pellegrini in patria, pendiamo dallo spirito del tuo viaggio che oscuri questa estate morta dove l'inizio coincide con la fine.Viaggiare, sempre viaggiare e ancora per l'eternità viaggiare.Come essere altrove .Sempre

    RispondiElimina
  2. ''...Avevo comprato il biglietto e stavo aspettando l'autobus per Los Angeles quando vidi a un tratto una graziosissima piccola messicana in pantaloni che stava venendo proprio nella mia direzione.Era scesa da uno degli autobus che si erano appena fermati con un gran sospirare di freni ad aria; questo scaricava i passeggeri per una sosta.
    Il petto le sporgeva in fuori dritto e sincero; i suoi piccoli fianchi avevano una linea deliziosa; i capelli erano lunghi e di un nero brillante; e i suoi occhi erano due enormi cose azzurre piene di timidezza. Desiderai poter viaggiare sul suo autobus. Un dolore mi trafisse il cuore,come succedeva tutte le volte che vedevo una ragazza che mi piaceva andarsene in direzione opposta alla mia in questo mondo troppo grande. L'altoparlante annunciò l'autobus per Los Angeles. Io presi la mia valigia e salii, e chi se ne stava seduta là seduta tutta sola? La ragazza messicana.Mi lasciai cadere proprio di fronte a lei e cominciai subito a far progetti. Ero così solo,così triste,così stanco,così tremante, così in bolletta,così sfinito,che raccolsi tutto il mio coraggio,il coraggio necessario ad avvicinare una ragazza sconosciuta, e agii...''
    da ON THE ROAD (Sulla strada) di Jack Kerouac

    RispondiElimina