martedì 30 giugno 2009

Al di là del tacco

Ci affacciamo sulla Grecia senza vederla ed io senza saperla.
Rotta su Zante domattina, isola di cui avevo ricordo vago per antologie di scuole superiori e di insegnanti di lettere che cambiavano ad ogni fine settembre.
Ultimi stralci d'Italia, perimetro finale sul lato dritto: si vedeva Capo Spartivento col vento al gran lasco e un gennaker che porta rigonfio come caramella sperlari.
Piccoli quartieri cittadini senza una città intorno, ma colli brulli e giallo castani, con suolo sabbioso. Che le case si affacciassero su di noi e sul mezzogiorno e non sull'entroterra, non potrei giurare. Forse si guardavano alle spalle. Perchè tutto era così fermo e indifferente. Cumuli di residenze abbandonati, se visti dalla prua del Marea a vele aperte. Come se quella periferia fosse termine concreto di un qualche concetto geografico appena orbo e proveniente da nord, e non centro di qualcosaltro.
L'abbiamo superato per fare rada dentro Capo Rizzuto il cui faro aveva da nascondersi dietro i lentischi invece di fare luce sulla nostra navigazione notturna e ventilata assai.
Infine Crotone. Che di amici calabri ne ho avuto a bizzeffe. "Di Crotone" dicevano. "Di Capo Rizzuto", "di Vibo Valentia". E io a ignorarne le posizioni cartografiche. L'altra sera invece ho visto un lungomare ingozzato di accenti noti con le c e le t moltiplicate. Con la seconda persona plurale inserita in ogni discorso a tu per tu, ma formale.
Accanto al Marea è arrivato di tutto. Americani e francesi, genovesi e polacchi. Naviganti con cose da dire. Con mari da prendere e altri passati da raccontare. In ogni lingua, in ogni inglese più sghimbescio, compreso il nostro.
In Grecia non mi basteranno le ripetizioni giocose sull'alfabeto di greco antico che il caro amico concedeva nell'umida residenza di Platamona tanti inverni fa. So dire Epolis e poi ricordo di una bimba di cui ricordo esattamente il nome, Maria Pantelidou, che fu mia amica all'età di 11 anni e mezzo, dentro una torrida estate svizzera. So perfettamente che viso avesse allora, che occhi e che color miele la capigliatura. Non so perchè mi restò impressa. Ma è li, appena giro l'angolo polveroso di un passato remoto, quell'incontro e persino la voce. Domani che vado in Grecia le dedico qualcosa. Tanto per dire che il mondo è circolare e che a volte se ne sta li a portata di mano, come per un dito il mappamondo. Basta un pensiero.

sabato 20 giugno 2009

Tropea

Il cursore del radar s'è fermato su Tropea. Dopo 130 miglia filate, viaggiate col giorno e con la notte, quando poi s'è acceso l'orizzonte delle luci da pesca e quello delle costellazioni. Una ce n'era che guardavo sulla prua quando attorno al mio turno di guardia c'era acqua e non molto altro. La testa dello Scorpione tiene nascosto ancora il triangolo di coda con cui punzecchia il resto del cielo a notte fonda.
Noi non viviamo con lo spumante. Non ci piace quello che abbiamo in frigo, per altro destinato a terzi. Non ci fanno impazzire le barche a motore. Guardiamo ogni scafo che entri nel porto, comprese le spadare che con gli alberi di oltre 40 metri, le lance lunghe per arpionare e gli uomini appesi sopra e sotto pronti a predare, provocano in noi un certo interesse.
Non voglio vedere un pesce spada appena arpionato, ma se lo trovo alla griglia lo digerisco bene. Non amo spumanti perche fanno frizzare lo stomaco. Ma al modo in cui lo fanno frizzare le birre gradisco piuttosto. Non ultimamente comunque, che mi tengo appena lontana dal luppolo e preferisco the freddo alla pesca con fette d'anguria.
Cipolle rosse ne ho avute oggi a pranzo in frittata. Sono famose da queste parti. Lo sapevano tutti ma non io. Suggeriscono di farne scorte abbondanti da rivendere in Grecia come afrodisiache.
Alla Grecia non posso di certo pensarci al momento. Si tratta di diversi mari più in là di questo. Sul quale tra l'altro non so per quanto tempo ne avrò.
La fretta non m'insegue affatto. Sul mondo messo in cronaca dai giornali, parenti lontani di cui avevo frequentazione, mi affaccio dal pozzetto ombreggiato del Marea. E nemmeno quello mi mette fretta. A vela si cammina anche a un nodo e mezzo (2 chilometri e 778 metri all'ora). Se ti viene fretta sei fottuto. Le barche a motore si esprimono con altre doti e non si tengono sbandate se il vento ha voglia di lavorare.
Per ora quello non lavora e noi facciamo il giusto. Ho levato una busta di plastica con cui l'elica del Marea aveva stretto amicizia, pulito il ponte e verniciato l'ancora. Ho percorso i bassi fondi dello scafo, attaccata alle catene di drenaggio, per liberarle dalla rumenta e non ho pensato di chiedere una mano al governo. Mi manca di insudiciarmi il mento con una granita alla fragola e penso che domani sera farò come il resto della massa italiaca, appresso a un maxi schermo che trasmette una diamine di partita di calcio con noccioline sopra.

martedì 16 giugno 2009

Apparati/3



così andiamo noi. e delle volte non ci facciamo mancare nemmeno le montagne

martedì 9 giugno 2009

Apparati/2

Apparati