mercoledì 25 febbraio 2009

Trova Giolzi e uccidilo



Ziu Antoni sa come farsi rispettare. Qualche anno fa un'amica gli portò in cantina due orgosolesi, due balenteddi che, vabbè su Carrasegare Osinco, però noi non ci facciamo prendere per il culo da nessuno. E questi erano proprio due balenteddusu che dicevano "dammi la malvasia" e ziu Antoni semmai te la deve offrire lui la malvasia, non che gliela chiedi così spocchioso. Per esempio noi ora stiamo bevendo la malvasia di ziu Antoni e gliene siamo grati perché è buona proprio. E quasi quasi gliene chiederei ancora ma non voglio fare la fine dei due orgosolesi che ci sono usciti più lontani del crasto, dice lui. Aspetto che il bicchiere si riempia di nuovo perché così va la festa. E se non hai troppa smania Bosa non ti fa aspettare mai troppo.
Nella cantina precedente stavamo ballando "batti in aria le mani" e "tintarella di luna". Dieci minuti che sono diventati quattro ore, prima dell'inversione che dal nero lamento di chi ti cerca una tetta per allattare il bambino abbandonato, si rimaschera del bianco fantasma per cercare Giolzi e farlo fuori.
Ci hanno cercato fra le gambe Giolzi almeno dieci volte e Ciappadu! Ciappadu! i lenzuoli bianchi lo hanno bruciato la notte in mezzo alla piazza, che il Carnevale si nasconde nel tuo sesso ma il Carnevale è morto, è morto e tu stai ballando sulle sue ceneri.
Fuori dai portoni di Bosa medievale i banchetti non fanno fatica a cumbitare.
Se vuoi un'oliva prendila, se non la vuoi prendila ugualmente. Se vuoi vino rosso non chiederlo e ne avrai in abbondanza. Se vuoi capire di che si tratta, cos'è tutto questo nero e questi bambolotti fra le braccia, dentro le carrozzine, appesi sugli scialli neri di uomini vestiti da ziedde, puoi chiedere, ma non capirai. Se non ti parleranno di Dioniso troverai comunque l'orgiastico.
Niente di scandaloso, ma vorranno infilarti una lampada di carta fra le cosce.
Giolzi! Giolzi! esci dalle vagine! Giolzi! Giolzi! La mamma è scappata, s'attitidu è cominciato, su lamentu, su lamentu. Mattina. Sera. Bevi, bevi. Mangia, mangia. Balla. Qui non è come a Mamoiada dice il ragazzo che apre la cantina ogni anno per tutti. Che va in giro col bambolotto da quando ha due anni. Io qui ti cumbito. Che poi è una sfida. Che poi non potrei non farlo. Lo faccio per la comunità. Lo faccio per te. Lo faccio per il carnevale. E Giolzi è morto adesso. Muore sempre, ma io no.

Urbanità



è un audiovisivo. pigiare sulla foto e ciao

mercoledì 18 febbraio 2009

Cara pintada

Non incrocerò le dita perché l'ultima volta che l'ho fatto il mondo in mia assenza s'è disciolto in un bicchier d'acqua con molta medicina, di quella cattiva, e s'è bevuto l'occasione di farsi del bene. Dunque, visto che non abbiamo amore per le piccole cose, e non c'è niente oltre alla volontà stessa che sia capace di creare destino, farò a meno del rito apotropaico e lascerò i miei arti slegati. Avrò bisogno di una mente e di un corpo che lavorano, non solo di un'anima che spera.
Sull'autobus del ritorno eravamo in cinquanta. I Pirenei con tre ciuffi bianchi ci guardavano strisciare lungo la valle. Una donna dalle braccia flaccide e il sospiro inglese dormiva accanto al mio gomito e non si curava del ritorno per casa. Dieci piloti d'aereo ci avrebbero trasportati ognuno verso relative geografie. L'uomo sul sedile più avanti col cellulare in mano progettava in napoletano di prendere nuove licenze a Bari e in Calabria. Il gruppo di spagnoli in fondo si chiedeva come sarebbe stata la Sardegna. A me non restava che appuntare dettagli insignificanti su un taccuino nero che sogno inutilmente di riempire con parole sorprendenti. Ma che ci posso fare se mi sorprende ciò che potrebbe non avere qualcosa di speciale?
Le vite a caso. Una qualunque, dietro ogni finestra che si affaccia sulla via d'uscita e d'ingresso dalla grande città, per ogni balcone una, sei storie, destini che si compiono. Una comida, qualcuno ciarlare, piange l'incompreso, qualcuno dà tinta a una parete, sbuffare, fatiche da compiere. Niente suggerisce che il viaggio è finito.
Io sbevazzo tomando gocce di algarrobo per un posto nel mondo che sia mio.
Se lo spirito è già in volo, quando il corpo sarà arrivato quale sedia starò occupando? Chi occuperà me?
Prima della partenza ho distribuito dolci alla crema mescolando ingredienti che si ignoravano, disposti su scaffali lontani, prima del mio arrivo.
Con le fruste ho zuccherato il mattino.
Ho visto giapponesi scattare foto e asiatici di altri dove servire caffè ai tavoli della piazza. Cileni sposarsi con europei per un permesso di soggiorno e giovani neri trasportare ventiquattrore dentro le metropolitane. Guardavo le traiettorie degli altri incrociarsi con le mie, e la traiettoria degli occhi delinearsi parallela alla strada giusto all'altezza di Barcellona che passa, vestita di ogni lingua del mondo e con la cara pintada. Ho strisciato fra vie gotiche inseguendo cinquecento tamburi di Sant'Eulalia incontrati dietro un ristorante indiano, ho sposato il cuore coi battere e i levare.
Ogni passo sta bene se aggancia un ritmo. E' un destino che scegli e che mescoli con mille altri. Non c'è il tempo per pentirsi, per restare indecisi. E' ciò che volevi.

martedì 10 febbraio 2009

Le vie di sempre

Ho i capelli pieni di città. Le orecchie metropolitane. I passi capitali. Tutto uguale tranne il resto. Sconosciuta sulle strade vecchie mi trascino, ma ogni cosa è nota. Come alla partenza. Come se ogni semaforo fosse rimasto a picchettare il mio avanzare senza sentire mai l'assenza, fiducioso di ritrovarmi, o spudoratamente menefreghista. Cosa è via merulana se non la via del 16? Via cairoli, via di conte verde, via dello statuto, il mercato di via sannio, il gradino davanti alla tomba dei papi dove sta il rumeno col suo sax, il sedile di marmo davanti ai pittori di facce gitanti.. Cosa, se non la visione impolverata sopra cui oggi passo un panno umido di umori riavuti dal tempo?

venerdì 6 febbraio 2009

Retoriche

non puoi perdere il concetto
devi scrivere per te
esattamente come ora
esattamente per necessità
se la tastiera sta sotto le dita, alle dita riversare impulsi che compongano versi
intrecciare non accartocciare
Carnevale
maschere svelarsi
danzare con abito di scena
confidare nudi
Prendevamo frasi a rilanciarcele addosso
sfidavamo il mondo a sinestesie
Senza saperlo quante ce n'erano. Di retoriche sgocciolanti le parole
e ora dovrei andare a lumache
scusate
la pioggia è smessa è tempo di sguisciare
e io andrei a cercare sinestesie in mezzo alle foglie
e mentre mi muovo sull'erba, e sono lumaca, comincio a venir verso il cielo cantando come tagliassi cotone
intonando versi ai crasti, (come dico? ai crasti? ai crasti si, mi ricordano qualcuno)
compiendo anadiplosi col blues
ma per mio gioco parlare degli innamoramenti infiniti e brevi
delle cartelle di sogni scambiate
del giro d'accordi fatto per bene
e inviare

lunedì 2 febbraio 2009

Antichità all'asta


La signora col naso adunco sta seduta in terza fila. Ha già sollevato il dito tre volte e per tre volte ha comprato. L'astatore ha battuto ancora il martello sul bancone e ogni volta Amalia ha un fremito, come di vetri infranti. La vetrinetta Compagnia delle Indie è presa. "280 euro, signori! Come regalarla! 300! Già non è più mia! 300 e 1, 300 e 2...non so se capite signori..qui è il restauratore antico che vi parla. Mio padre era restauratore, mio nonno era restauratore, mio bisnonno era restauratore in Francia..Mio figlio? no, lui vi ha preparato degli ottimi tramezzini. Ma qui io vi sto facendo regali. Solo per rimetterla a posto ci son voluti tre giorni. Questa vetrina potete metterla anche in bagno. Ormai si usa pure così. Chi l'ha detto che in bagno non ci sta un pezzo d'antiquariato? E se non vi basta il bagno chiedete spazio al vostro vicino. 350! Certo...lo capite bene che è un affare da non perdere. 350 e 1, 350 e 2...Basta così? 400! Ecco, signora non è più sua, ha alzato la mano un altro signore. Allora 400 e 1, 400 e 2... E 1 e 2.." SBANG! Amalia si scuote. "Aggiudicato!".
Passa una bionda col culo ben fasciato: "Avete qualche richiesta signore?". Nessuna richiesta grazie. Io sono qui per guardare. Per fare un viaggio a gratis e a ritroso, tra gli scaffali del passato. A frugare tra le storie che non so. A saltare dentro un lavabo e lavarmi i piedi assieme al mio bisnonno.
Certo, un bel porta-cd in noce del 1800 lo userei senz'altro in casa mia. Son cose preziose. Specialmente il pensiero che duecento anni fa, svuotato di cd, quello scaffale se ne stava nella casa di qualcun'altro a guardare corpi che non esistono più muoversi e parlare in salotto degli argomenti del loro tempo. Che so, dei successi appena riportati da Napoleone, o del raccolto di patate, o dell'abito che una Telma qualunque ha finito di confezionare per Gilbert il quale adesso ha finalmente un gilet da indossare per uscire con Celine.
Se quel mobile stava li e ora sta davanti a me, lui incolume dalle stagioni, io presa dal maldischiena, sarà quasi come vedere la piega della bocca di Billie Holiday mentre canta con Lester Young che fuma una sigaretta e suona il sax su youtube.
Epicureo l'astatore sta presentando un'altra specchiera, foglia oro, tutta lavorata a mano, fine '800. Brutta, mamma mia, però la vogliono in tanti.
Il punto è: se la specchiera avesse un hard disk e avesse conservato le immagini di tutti coloro che in 200 anni si sono guardati la dentro, come sarebbe il confronto? E la signora dal naso adunco in terza fila che sta facendo manbassa di antichità troverebbe una più adunca di lei, magari col vestito lungo a bomboniera, l'aria borghese, i capelli raccolti e un pensiero malvagio conficcato fra le sopraciglia e la fronte?
Epicureo è passato ai servizi in Sheffield che per me e anche per Amalia sono troppo lucidi: non però per l'artigiano di quel paese in mezzo a sette colline nel cuore dell'Inghilterra che nel 1747 univa una lastra di rame e una di argento e fondendoli otteneva una nuova lega. Secondo me né la signora in terza fila, né quella col cappotto e gli occhiali da sole dietro Amalia sanno minimamente dell'artigiano. Epperò alzano la mano ed Epicureo schiaccia forte la polvere col martello e ad Amalia ancora una volta sta per venirle un colpo.
C'è un Biedermeier in fondo alla sala. Questo secretaire nato dalle sorti di un periodo bislacco per gli austriaci vissuti ai tempi del congresso di Vienna che noi tutti abbiamo studiato in quarta o quinta elementare, piace a un signore e a sua moglie. Ad Amalia non piace, ma a parte come si scrive ("bidemeier?"), sa tutto di quello stile. La coppia ha proprio deciso. Il biedermeier sbarcherà nel loro salotto. "900 euro! A questo prezzo non lo trovate nemmeno su ebay signori e signore! Ecco laggiù: 950! 950 e 1, 950 e 2... 1000!" Lo vuole anche qualcunaltro. Sinceramente non condivido, ma chissà dove se lo metteranno questo secretaire.."1000 e 1, 1000 e 2..." L'astatore va avanti con la sua conta, la coppia non si lascia sopraffare dal dubbio, l'uomo solleva un dito: "1050!" brilla Epicureo, e subito dopo: "1100 euro signori!": è l'effetto del dito di un altro. Ma la coppia non cede. E se l'aggiudica...SBANG!..per 1150 euro.
Amalia è eccitata. Quanti anni è che non andava a un'asta? Oltre quindici. Un tempo l'adrenalina le saliva così tanto che a un certo punto non era più in grado di distinguere il bello dal brutto. Una specie di foga da giocatrice d'azzardo. E a casa poi si portava di tutto. Per fortuna il livello del suo buongusto è talmente al di sopra della media che anche ciò che in fin dei conti, a riguardarlo col senno di poi, non avrebbe mai comperato, risultava comunque un bell'oggetto.
Ora sta li sulla sedia. Vorrebbe comprare qualcosa, a dispetto delle decine di scatole e scatoloni in garage che conservano ogni genere di antichità e rigatterie e che di casa in casa si è trascinata nel tempo. Sa, per questo, che non avrebbe senso comprare ancora. E poi le cose più belle le ha viste al piano di sotto, nel magazzino polveroso dove Epicureo tiene il meglio. Trumot, vecchie credenze in legno stagionato, frattini, ruote di carro, una sedia da barbiere, uno piccolo specchio girevole col cofanetto dipinto di un rosso maturo. E' così morbido e pulito il suo gusto, così raffinato eppure rude. Poggia l'occhio dove la delicatezza di un pensiero fa il resto. E' un gusto sincero, arrotondato dal tempo ma anche ritto per l'acume della mano artigiana.
I salotti di Amalia hanno incantato generazioni di gatti ed esseri umani.
Nulla a che vedere con il dito sollevato della signora col naso adunco.
Alla fine il martello batterà un colpo forte anche per lei. SBANG! Si porta a casa una vecchia macchina da cucire a manovella perfettamente funzionante. Prima di acquistarla Amalia chiede alla ragazza bionda di che marca sia. La donna col cappotto seduta dietro di lei esclama senza nemmeno guardare: "Ma è una Singer signora!". Ha parlato senza cognizione. Ha parlato per convenzione. Perché le macchine da cucire di una volta, per il senso comune, sono necessariamente Singer. E invece no. Questa ha una marca sconosciuta in madreperla, talmente stretta che nemmeno si legge. Già se la sta cullando con gli occhi Amalia, il pezzo è raro, l'affare è fatto.
Epicureo ha convinto tutti. Dopo Pasqua smetterà con la stagione delle aste e forse anche con quella del restauratore. L'antichità, come la chimica, come il mercato del gas, è dentro la crisi. Fra 30 anni nei nostri salotti non resterà più niente delle chiacchiere su Napoleone o dei gilet nuovi di Gilbert.
Qualche signora col naso adunco mostrerà trofei senz'anima.
Amalia avrà pensato invece di non fargliela mancare mai, anche a costo di inventargliela lei. I suoi oggetti se ne staranno li come ballerini del passato immortalati dentro un sipario di ricordi, dentro una bottiglia che suona a carillon. Ogni pezzo un racconto. Ogni racconto un giro di carillon. E fra duecento anni suonerà ancora.