lunedì 5 ottobre 2009

Sopra le teste una diga d'Ilisu. Hasankeyf non vuole morire

Il Tigri fa rumore la notte. Piu' rumore d'ogni altra cosa.
Lo faccio cantare dal suo letto fino al mio, poche decine di metri piu' in su e non c'e' fretta di dormire.
Qui lo chiamano Dicle. Hasankeyf nel fiume ci si bagna da millenni, ne sconcia le acque per portarne via anguille e carpe. Le vendono a dieci metri dall'unico motel del paese. I ragazzi hanno le gambe a mollo dal mattino. Un'autoclave aspira sulla riva orientale, toglie sete alle capre e alla terra. Non c'e' molto di piu', a parte uomini ai bar che bevono çay e lanciano dadi dentro una tabla, donne col turban, bambinetti al pascolo e uno spettacolo inatteso di pareti rocciose, bucate, morbide di scalpellii antichi, saliscendi fra tombe e case e santuari della preistoria, minareti di pietra e il nome di Maometto novantanove volte inciso.
Dodici mila anni di storia una diga potrebbe sommergerli in novanta metri d'acqua. E l'unico turismo possibile diverrebbe quello dei palombari.
Cosi vogliono far crescere il Tigri. Allontanando dalle proprie residenze 70 mila persone sparse in circa 60 villaggi tutti di origine kurda. E annegando ogni ricordo.
Sono cinquant'anni che in questo tratto di Mesopotamia come ad Hasankeyf si attende una morte indecisa.
Hizir ha compiuto ierı 23 anni. E' nato qui e se ne sta dietro ıl banchetto della Doğa a salutare i visitatori. L'associazıone naturalistica con cui collabora e' impegnata da tempo nella dıfesa della vita del piccolo villaggio e di tutta la valle. "Sei mesi fa Germania, Austria e Svızzera erano pronte a dare i soldi necessari per la costruzione della diga": ha fretta di dire, cerca nell'aria parole in inglese. "Ora si sono fermati. Venite ad Hasankeyf, gli abbiamo detto noi, venite a vedere questo luogo e poi dite se volete spendere i vostri soldi per un progetto cosi".
Per costruire la diga di Ilisu, i cui lavori sarebbero gia' iniziati a Dargecit, 80 chilometri a sudest dı Hasankeyf, occorrono 2 miliardi e 750 milioni dı euro. Il governo turco non dispone della cifra, ma in paese qualcuno sostiene che fra tre mesi un nuovo finanziamento potrebbe permettere il riavvio dell'opera. Nei progetti del Dsı, l'ente statale che controlla le acque del territorio, sono il miglıoramento della rete idrica e lo sviluppo di industrie e centrali idroelettriche.
La costruzione della diga consentirebbe al governo turco un controllo su un'immensa riserva d'acqua di cui anche gli Stati confinanti avrebbero bisogno. Siria, Iran e Irak hanno gia messo il loro veto contro la realizzazione del progetto.
Nelle case dei residenti da tempo sono arrivate lettere del governo. "Ci hanno offerto 10 mila euro per la casa - dice Baran che ha 24 annı e quando non gestisce il motel di famiglia insegna nelle scuole storia e geografia - e circa 40 mila euro per l'albergo". Una proposta che suo padre non ha esitato a rifiutare a suo tempo. "Se costruissero la diga saremmo costretti ad andare a vivere piu' in la, a tre chilometri da qui". Dove pero' non c'e' niente.
"Siamo kurdi - dice il giovane Welat - il governo non ci aiutera'".
L'autobus per Tatvat e' arrıvato. I bagagli sono gia fuori dal motel. "Baran significa pioggia" allunga la voce il locandiere. Acqua ancora, acqua eterna, acqua che viene dal cielo e che un muro piu' alto di tutte le vite umane non esiterebbe ad accumulare sopra ogni storia.

Qui ıl trailer di Waiting life e un reportage dell'Osservatorio dei Balcani

2 commenti:

  1. La Roberta giornalista stavolta ha prevalso sulla Roberta narratrice, che però rimane lì e al momento giusto aggiunge un delicato tocco di poesia all'articolo di cronaca.

    RispondiElimina
  2. Brava Roby, questi documenti dovrebbero arrivare in sedi molto importanti e questo tuo lavoro non può rimanere solo un bellissimo diario...
    Continua ancora...La tua narrazione è esemplare.
    Non stancarti mai.
    L.

    RispondiElimina