lunedì 1 dicembre 2008

Eon okkupata

Nella sala controllo dell'Eon mancava solo mister Spock, per il resto non c'erano dubbi che fossimo sull'Enterprise e che il nostro fosse un viaggio alle prese con l'ignoto.
Anche perchè se si aspettavano davvero una telefonata dal presidente del consiglio dei ministri, non so, forse sarebbe stata più facile la materializzazione di un Borg o un accordo di pace coi Klingon. Ma l'astronave dei sindacati confederali e territoriali di tutte le categorie occupando la centrale energivora più grande della Sardegna ha comunque raggiunto un obbiettivo: richiamare l'attenzione su una questione di cui adesso basta non scrivo più. vabbè a parte le prossime volte. Perchè che il petrolchimico di Porto Torres sia un luogo controverso, fatto di insanguinamenti di mari e terreni e che rappresenti quell'alternativa forse sbagliata ma ormai irreversibile, nessuno può negarlo. Epperò si sa che è anche pane per 3000 persone. Seppure pane truccato. Seppure pane su cui si ricatta un voto. Ma non diciamolo. Diciamo soltanto che oggi i sindacati hanno colpito un simbolo del potere, il luogo in cui si genera la luce che ho sul comodino e il frullare della mia lavatrice. Hanno superato i cancelli e si sono insediati nel cuore della centrale, dentro la postazione elettronica che appunto sembrava la nave di Star Trek. E da là hanno detto "Noi non vogliamo che il petrolchimico chiuda. Noi vogliamo parlare con Palazzo Chigi. Perchè Roma si deve accorgere di noi. Perchè Roma ci ha spesso dimenticato".
Ho mangiato due mele e bevuto caffè. Ho chiacchierato e fatto foto (e le vedrete). Da Palazzo Chigi non s'è fatto sentire nessuno, ma che importa. Si sapeva. Non s'è fatto sentire nessuno nemmeno per ripulire il territorio dalle scorie di schifo e industria che m'hanno tolto un ricordo che non ho mai avuto, nè io nè i miei coetanei. Un ricordo che poteva essere visione reale di mare splendente e di palazzi della Roma imperiale. Ma questa Roma, quella di oggi, non dice nulla. Non dice che vorrebbe bonificare. Non dice nemmeno che vuole salvare le buste paga di tanta gente che conosco. e che non conosco.
Questa Roma non conosce nessuno.
E quest'industria non ci ha salvato il ricordo. Chissà se almeno si salva lei.

3 commenti:

  1. sono convinto che a roma non ce la fanno più o non ce l'hanno mai fatta, con la luce truccata o al buio ci siamo accorti che siamo al capolinea. io mi mangio un grancereale e aspetto goldreik

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  2. La cosa più inquietante è il sorriso sulle labbra dei manifestanti. Non credo sia la sicurezza della vittoria nella battaglia che gli inarchi le bocche. Non credo tu dica cheese quando scatti. C'è una sensazione di straniamento in quelle immagini. L'inizio della fine della storia petrolchimica di porto torres ancora non ci preoccupa.

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  3. sono d'accordo. il guaio è che questa scarsità di attenzione rispetto al cuore del problema non ci aiuta nemmeno a ragionare su quello che veramente sta accadendo. non solo sugli stipendi della gente, ma su quello che accade fra Eni e Ministero. Da anni il petrolchimico turritano va avanti per deroghe. le deroghe servono a non rispettare certi patti sull'ambiente. non rispettarli significa inquinare. se inquini devi bonificare. ma le deroghe sono concesse dallo stesso Stato che chiede a Eni di bonificare e quindi di spendere migliaia di milioni di euro. difficile vista da qui. difficile che si risolva in fretta e sopratutto che si risolva come veramente sarebbe giusto e rispettoso nei confronti della gente.

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